Il permesso premio al detenuto non collaborante dopo la sentenza 253/2019 Corte Costituzionale
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Cosa ha stabilito la sentenza 253/2019 Corte Costituzionale in merito al permesso premio?
Con la sentenza n. 253 del 2019, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4bis co.1 dell’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che, ai detenuti per i delitti di cui all’art. 416bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, a norma dell’art. 58-ter del medesimo ord. pen., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
Qual era la condizione dei detenuti prima di questa sentenza?
Prima della pronuncia i benefici era preclusi per coloro che sono stati condannati per uno dei delitti di cui all’art. 4 bis o.p.; in questi casi alla concessione ostava la mancanza di una condotta di collaborazione con la giustizia.
Ho trattato l’argomento su un precedente articolo dal titolo “Permesso premio ai detenuti” (https://avvocatobarocci.it/2021/06/02/permesso-premio-ai-detenuti/) e consiglio la lettura dell’articolo La concessione del permesso premio al detenuto non collaborante (https://www.penaledp.it/la-concessione-del-permesso-premio-a-condannato-allergastolo-ostativo-non-collaborante/)
Per quali reati ha valore questa sentenza?
Per tutti i detenuti per i delitti contemplati nell’art. 4bis co.1, per i quali è illegittima la preclusione assoluta di accesso ai benefici penitenziari e ai permessi premio del condannato, anche se non collaborante.
Pur essendo possibile il mantenimento di legami del soggetto collaborante con l’organizzazione criminale, è irragionevole non permettere allo stesso la possibilità di fornire prova contraria.

Quali sono gli oneri probatori a carico del detenuto?
La sentenza ha sicuramente posto una base interessante, ma pare opportuno svolgere delle riflessioni sul tema, atteso che nella prassi dei Tribunali non sembrava sufficiente dimostrare un regolare comportamento carcerario o la partecipazione al percorso rieducativo, né una semplice dichiarazione di dissociazione.
Si riteneva – ed in certi casi lo si ritiene ancora – che per vincere la presunzione di pericolosità occorra allegare la sussistenza di elementi capaci di dimostrare il venir meno del vincolo imposto dal sodalizio criminale.
Cosa ha stabilito di recente la Cassazione Penale?
La Prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33743/2021, depositata il 10 settembre scorso, ha ritenuto ammissibile la domanda di permesso premio del detenuto non collaborante, per i reati di cui all’art. 4-bis.
E fin qui si tratta della mera applicazione della nota sentenza della Consulta.
Ma la pronuncia traccia, al contempo, le linee guida da seguire in tema di oneri probatori gravanti sul condannato.
Ma cosa era successo?
Il detenuto non collaborante si era visto rigettare dal Magistrato la propria rituale istanza di permesso premio, rigettata anche in sede di reclamo; per il Tribunale di Sorveglianza la mera rappresentazione della regolarità del percorso trattamentale e del lungo periodo di detenzione sofferto non erano sufficienti, posto che non era stato allegato nulla in ordine all’operatività dell’associazione e degli altri sodali nel territorio d’origine.
Cosa ha statuito la Cassazione?
La Suprema Corte, ha ritenuto fondato il ricorso, specificando come al richiedente, cui spetta illustrare gli elementi fattuali che contrastino con la presunzione relativa di pericolosità (conseguente alla ritenuta appartenenza al sodalizio al momento della commissione del reato), non si può porre l’obbligo di su circostanze estranee alla sua esperienza e, soprattutto non si può imporre di fornire la prova negativa diretta di una condizione relazionale, quale è il pericolo di ripristino dei contatti.
Non si può chiedere, in pratica, l’allegazione di elementi che non rientrano nella sua sfera cognitiva, come la sorte degli altri sodali e l’operatività dell’associazione mafiosa.
È infatti illogico chiedere al soggetto detenuto di provare circostanze avvenute al di fuori delle mura carcerarie e indipendenti dalla sua condotta.
Si tratta di una pronuncia importante, che lascia spazio alla definitiva apertura ai permessi premio anche in favore dei detenuti condannati per i reati ostativi alla concessione dei benefici
Avv. Nicola Barocci
Per info: http://avvocatobarocci.it info@avvocatobarocci.it
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