Niente legittima difesa per il padrone di casa che spara al ladro Cass.23977/22
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Sussiste legittima difesa per il padrone di casa che spara al ladro introdottosi in casa?
No, risponde di omicidio il padrone di casa che spara al ladro e lo uccide, fuori dalla propria abitazione e dalle sue pertinenze, al solo scopo di recuperare i propri beni e non per scongiurare un imminente pericolo.
Di quale pronuncia si tratta?
Con la sentenza n. 23977 del 22 giugno 2022, resa dalla Prima Sezione, la Cassazione penale interviene con nettezza sulla legittima difesa, facendo chiarezza su alcuni dubbi interpretativi derivanti dagli interventi apportati alla causa di giustificazione prevista dall’art. 52 c.p. dapprima per effetto della L. 13 febbraio 2006, n. 59 e poi, più di recente, a seguito della L. 26 aprile 2019, n. 36.
Cosa è accaduto?
Nel processo di merito, secondo la S.C., è stato appurato che l’imputato, al fine di impedire il furto della propria autovettura, avrebbe sparato più colpi di pistola in direzione della stessa, mentre quest’ultima, condotta dal ladro, si stava allontanando dal cortile della propria abitazione, colpendo il malvivente e cagionandogli lesioni che ne determinavano il decesso.
Quali motivi di ricorso sono stati sollevati?
Con il primo motivo la difesa censurava la violazione di legge penale sostanziale ed il vizio di motivazione, per avere il giudice di appello – sulla base di una ricostruzione e valutazione delle circostanze dell’accaduto effettuata a posteriori e senza considerare la concitazione del momento – escluso la legittima difesa, anche nella forma putativa contemplata dall’art. 59 c.p.
Con il secondo motivo si censurava la violazione di legge penale sostanziale e processuale nonché il vizio di motivazione, per non avere il giudice di appello valutato lo stato di grave turbamento psichico dell’imputato derivante dal contesto in cui si era determinato il suo comportamento, non tenendo conto in particolare del fatto che la reazione “eccessiva” dell’imputato ben poteva ascriversi esclusivamente ad un suo errore di valutazione, relativo alla convinzione che lui stesso o la figlia potessero versare in una situazione di imminente pericolo per effetto della condotta dei malviventi.
Cosa ha deciso la Cassazione?
Secondo gli Ermellini emergerebbe la sproporzione della condotta perpetrata dall’imputato rispetto al fatto ingiusto altrui, uno squilibrio che offre una logica spiegazione: l’imputato avrebbe agito fuori dalla propria abitazione o da un perimetro ad esso riconducibile ed ha posto in essere la condotta non per effetto di uno stato di timore per la propria incolumità o per quella dei suoi cari, ma solo per impedire che il ladro di allontanasse definitivamente con la vettura appena rubata, e dunque al solo scopo di recuperare la refurtiva.
Poteva valere l’esimente della legittima difesa?
No, la Corte ha ritenuto inidonea a giustificare l’applicazione della legittima difesa la sola indicazione della natura difensiva della condotta violenta, senza specifiche allegazioni circa la sussistenza di un pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la prospettata reazione all’offesa altrui.
La sentenza si è espressa solo su questo aspetto?
No, la sentenza ha costituito l’occasione per fornire alcuni preziosi chiarimenti interpretativi, in particolare per sgombrare il campo dall’equivoco che, mediante l’intervento di riforma del 2019 sull’art. 52 c.p., il legislatore abbia voluto introdurre una necessità presunta della legittima difesa nei furti nell’abitazione o nei luoghi assimilati.
La Quinta Sezione ha escluso la configurabilità della legittima difesa, tanto nella forma tradizionale quanto nella massima estensione della forma cosiddetta “domiciliare”, non potendosi configurare in alcun modo tale scriminante, quale che sia appunto la forma allorquando difettano i requisiti dell’attualità del pericolo, dell’inevitabilità della reazione e della sua proporzionalità.
Quali sono i presupposti della legittima difesa?
Richiamando l’arresto espresso da Cass. pen. sez. I, sentenza n. 45425 del 25/10/2005, la sentenza ribadisce i presupposti essenziali della legittima difesa, costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa.
E con la modifica?
Il discorso non cambia se si guarda alle modifiche apportate dapprima con la L. n. 59/2006 e poi con la L. n. 36/2019.
I commi 2 e 3 dell’ art. 52 c.p. introdotti dalla novella del 2006 si limitano infatti a fondare una presunzione legale di proporzione fra difesa e offesa al ricorrere di determinare condizioni, sottraendo la relativa valutazione all’apprezzamento discrezionale, caso per caso, del giudice; a seguito poi dell’ulteriore intervento sul comma 2 dell’ art. 52 c.p. mediante l’inserimento dell’avverbio “sempre” dopo la parola “sussiste”, la presunzione legale di proporzione è rafforzata, nel senso che la sproporzione è sempre esclusa quando l’aggressore ha violato il domicilio (così da integrare il reato ex art. 614 c.p.) e l’aggredito, ivi legittimamente presente, usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza o quanto vi è pericolo di aggressione.
Ciò che però deve essere chiaro – ribadisce la sentenza – è che le modifiche all’ art. 52 c.p. attengono al solo requisito della proporzione, dovendo comunque sussistere, per la configurabilità della scriminante, tutti gli altri presupposti.

Come incide sul fatto in esame?
I giudici di legittimità non si arrestano alla esclusiva valorizzazione del dato spaziale, ben consapevoli che i fatti sono avvenuti sulla strada pubblica, ma davvero a ridottissima distanza dal cancello che dava accesso al cortile dell’abitazione e soprattutto in assoluta e stretta continuità con un decorso degli accadimenti tutto ricompreso all’interno del domicilio dell’imputato.
Cosa è stato valorizzato dalla decisione?
La ritenuta assenza del presupposto “pericolo attuale” o “futuro” (art. 52 comma 2 lett. A e B c.p.) e della “necessità di difendersi”: il colpo mortale fu esploso nei confronti di un ladro oramai in fuga, cioè in una situazione in cui l’azione criminosa era del tutto esaurita e, per come dimostrato dalle prove raccolte, non vi era neppure un pericolo concreto di futura aggressione; sotto altro profilo, ben avrebbero potuto essere adottate alternative meno lesive (un esempio per tutti: mirare alle gomme della vettura), ma parimenti efficaci.
La modifica non ha determinato l’automatica applicazione dell’esimente?
No. Secondo la Quinta Sezione – e qui dovendosi individuare il punto di maggiore interesse della sentenza in commento – è errato ritenere che la nuova previsione abbia introdotto una presunzione che investe tutta la legittima difesa senza ulteriori specificazioni, che abbraccia cioè non soltanto il requisito della proporzione ma anche di tutti gli altri requisiti della scriminante.
Per effetto del quarto comma si presume pertanto sempre proporzionata la condotta finalizzata a respingere l’intrusione posta in essere, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, ma sempre e comunque a condizione che il pericolo sia esistente, che la condotta posta in essere sia necessaria a difendere l’incolumità, propria o altrui, o i beni presenti nei luoghi presi in considerazione dalla norma, che non siano praticabili condotte alternative lecite o meno lesive e che, con riferimento in particolare alle aggressioni a beni, ricorra altresì un pericolo di aggressione personale.
E l’eccesso colposo?
Non sarebbe configurabile l’eccesso colposo di cui all’art. 55 c.p., che – come affermato costantemente dalla giurisprudenza – non può essere giuridicamente prospettabile in mancanza di effettiva sussistenza della singola scriminante cui relazionarlo. Sull’eccesso colposo, verrà pubblicato a breve un articolo www.avvocatobarocci.it
Nella fattispecie, l’esclusione della legittima difesa, per la succitata mancanza dei relativi presupposti, preclude ogni valutazione in termini di eccesso.
Né infine – concludono i giudici della Quinta Sezione – risulta applicabile il nuovo comma secondo del citato art. 55 c.p., come introdotto dalla L. n. 37/2019: lo stato di “grave turbamento” – che funge da presupposto, in alternativi alla minorata difesa, per l’applicazione della causa di non punibilità prevista dalla norma – deve comunque derivare da una situazione di pericolo in atto e richiede comunque che l’azione difensiva illecita, ascrivibile a titolo di eccesso colposo, sia determinata dall’intento di salvaguardare la propria o altrui incolumità: elementi – come già visto – da escludersi nella fattispecie in esame.
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